WeWomEngineers incontra l’Ingegnera Vanessa Longo

WWE incontra l'ingegnera Vanessa Longo

WeWomEngineers incontra l’Ingegnera Vanessa Longo

La storia che vi proponiamo riguarda una laureanda uscente dal mondo universitario, in procinto di entrare nel mondo del lavoro… e non solo!

É socia fondatrice di WeWomEngineers e si occupa di redazione di articoli per Storie di Biomedici.

Vanessa Longo ha 26 anni, dopo una laurea triennale in Ingegneria Biomedica sta proseguendo i suoi studi magistrali in BioIngegneria presso l’Università degli Studi di Padova.

Di cosa si occupa attualmente?

Attualmente sto ultimando i miei studi in BioIngegneria presso l’Università di Padova, nello specifico interessandomi dell’ambito Biomeccanico e sono membro volontario da due anni dell’associazione WeWomEngineers, grazie alla quale oggi ho il piacere di condividere la mia storia.

Da quali spunti è partit* per arrivare all’attività di cui si occupa in questo momento?

Più che spunti, parlerei di stimoli.

L’Ingegneria Biomedica è una disciplina scientifica che ti stimola continuamente, giorno dopo giorno, a cambiare e a cercare il giusto metodo.

Alcune esperienze personali riguardanti la salute di mio fratello mi fecero capire quanto questa scienza potesse consentire una seconda opportunità alla vita delle persone.

Ho scelto di intraprendere il percorso per diventare ingegnera biomedica perché sono convinta che questa opportunità abbia lo scopo di migliorare noi stessi e l’ambiente in cui ci troviamo.

Quali sono le caratteristiche e le peculiarità che un/una biomedic* dovrebbe avere oggi e per il futuro al fine di collaborare sempre più direttamente con le realtà biomedicali incluso il nostro SSN (sistema sanitario nazionale)?

Per interfacciarsi col mondo del lavoro biomedicale in generale credo ci voglia resilienza, soprattutto da parte delle donne; bisogna mettersi sempre in discussione e non avere paura di dire la propria, anche se ci si trova in un ambiente ostico.  

Contemporaneamente, è fondamentale rendersi disponibile all’ascolto e alla condivisione di nuove idee e azioni concrete che possano accorciare le distanze tra il settore biomedico e il SSN.

Fare gruppo è l’unico modo per portare avanti il cambiamento.

Secondo la sua personale esperienza, il corso di laurea scelto merita dei cambiamenti?

Sì, decisamente.

L’università italiana offre a noi giovani un corso di laurea che definisco ibrido. Ci fornisce conoscenze che spaziano dall’informatica, all’elettronica e solo in piccola parte del sapere inerente alla medicina.

Questa trasversalità nuoce, a mio parere, sulla ricerca del lavoro, ma soprattutto sulla identità di questa professione, perché non consente di inserirci in un’unica categoria ma in una pluralità di quest’ultime.

Mi piacerebbe che in un futuro prossimo ci fosse un corso di Ingegneria Biomedica fatto solo per Ingegneri/e che vogliono applicare la tecnologia alla medicina. 

Un brevissimo consiglio per i nostri ragazzi, anche attraverso il titolo di un libro, una canzone, un film.

Ascoltate voi stessi, non gli altri.

E mi riferisco in particolare alle ragazze che hanno paura di diventare quello che vogliono essere.

Nella vita non c’è giusto e sbagliato: c’è la vostra volontà ed è quella che conta.

Da siciliana vi consiglio di leggere e ascoltare la canzone di Battiato “La Stagione dell’amore”.

Potrebbe far pensare all’amore per qualcun altro ma in realtà parla dell’amore per se stessi, per il proprio tempo e dell’entusiasmo di non perdere le occasioni della vita.

Curiosità

La Biomeccanica applica i principi e i metodi della meccanica allo studio quantitativo dei problemi biologici.

Possono afferire a questo campo la meccanica del movimento sportivo, la riabilitazione motoria, l’analisi del gait e della postura, ma anche argomenti come la meccanica che regola i processi biologici al livello molecolare, cellulare, tissutale, degli organi e degli organismi viventi.

Un’applicazione della Biomeccanica può essere la progettazione di ausili o “evoluzioni” di distretti del corpo umano.

Gli esoscheletri ad esempio sono in grado di potenziare le capacità fisiche dell’utilizzatore.

Mentre giunti delle caviglie, delle ginocchia, delle anche sono spesso sotto la lente di ingrandimento della ricerca sugli esoscheletri per arti inferiori, forse i dispositivi indossabili “assistive” più ampiamente utilizzati nella storia sono state le scarpe!

Recentemente sono state progettate delle calzature che migliorano le performance in attività dinamiche come la corsa, superando le possibilità del piede nudo, generalmente conferendogli una maggiore rigidità.

In un recente studio australiano, il gruppo di ricerca ha progettato un dispositivo soft con un eso-tendine elastico che simula l’anatomia della fascia di muscoli e tendini plantari e che, lavorando in tensione, aggiunge rigidità al piede durante il salto.

Si vuole verificare l’effettivo beneficio apportato dall’eso-tendine biomimetico nell’irrigidimento passivo dell’unità muscolo tendinea della fascia plantare, la predominante struttura che influenza la dinamica del giunto metatarsofalangea.

Infatti, è stato mostrato come i dispositivi che conferiscono rigidità a questi percorsi muscolo-tendinei sono efficaci nel ridurre lo sforzo a livello dei giunti di caviglie, ginocchia, anche e lombosacrali in molti task della locomozione.

Lo trovi al link:

https://www.nature.com/articles/s41598-021-02059-8

Un grazie speciale a Vanessa Longo (https://www.linkedin.com/in/vanessa-longo-513aa714b/) per il suo splendido percorso condiviso e per voi che ci seguite, scriveteci alla info@wewomengineers.com e pubblicheremo la vostra storia!

TEAM WWE

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