Come fondare una Start-Up ( E vivere felici) – Intervista a Chiara Mazzi

Come fondare una Start-Up ( E vivere felici) – Intervista a Chiara Mazzi

Eccoci alla seconda puntata della mia rubrica su donne e start up!

Ho pensato che sarebbe utile un piccolo passettino indietro, così, per inquadrare il discorso e schiarirsi le idee.

Così, quando durante il workshop WeWomEngineers (clicca qui per leggere di cosa si è parlato), ho incontrato Chiara Mazzi, esperta nel settore di consulenza e formazione per imprese, non mi sono lasciata scappare l’occasione.

Chiara ha 35 anni, ed è Dottore di Ricerca in Economia e gestione delle imprese e dei sistemi locali, mamma di Pietro di quasi 4 anni e (ormai ex) giocatrice di pallavolo.

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Lavora nel settore della consulenza per l’impresa da quasi 10 anni, è docente a contratto di Economia e gestione delle Imprese e da 6 anni lavora come technology transfer manager presso l’Incubatore Universitario Fiorentino (IUF), una struttura dell’Università di Firenze che offre percorsi di training e mentoring per studenti e ricercatori che hanno un’idea di business innovativa e vogliono valutare la sua sostenibilità e la creazione di una start-up.

 

Grazie a Chiara, che ha eloquentemente risposto alle mie domande e dubbi, posso condividere con voi quanto appreso in materia di nascita di start up e ruolo dell’incubatore.

 

 

  • Partiamo dai concetti base: cos’è un incubatore?

 

L’incubatore è una sorta di “ambiente protetto” in cui l’idea e il team che la propone trovano un terreno fertile per svilupparsi e tutto il supporto necessario per comprenderne le potenzialità di incontrare un bisogno sul mercato e quindi dei clienti disposti a pagare per il prodotto o servizio che hanno in mente.

 

 

  • Veniamo al sodo, ogni azienda ha alla base un’idea. Quando si può dire che un’idea ha delle buone carte per giocarsi una bella partita?

 

In un mercato complesso come quello odierno, un’idea può avere delle buone chance di trasformarsi in un’impresa di successo se ha un elevato contenuto innovativo. Non necessariamente innovare significa inventarsi qualcosa di dirompente e completamente nuovo, ma può significare anche fare qualcosa di tradizionale in modo diverso. Quindi non solo innovazione di prodotto, ma anche di processo e di modello di business. Altro elemento fondamentale è la scalabilità, ovvero la potenzialità di replicare il business su larga scala e quindi di aumentare la dimensione geografica oppure di applicare la tecnologia sottostante su una gamma di più prodotti.

 

 

  • Ma le idee non bastano. Immaginando di averne una, qual è l’iter che dovrebbe seguire un futuro imprenditore?

 

L’idea da sola non basta… gli ingredienti fondamentali del successo sono complessi e spesso si deve anche trovare l’ingrediente “segreto”! Non esiste una ricetta universale (purtroppo…) Sicuramente un buon team, affiatato e multidisciplinare è in cima alla lista. Spesso sono le persone e la loro passione a fare la differenza!

L’obiettivo deve essere chiaro fin dall’inizio e aiuta molto stabilire delle tappe intermedie da raggiungere e prevedere anche che ci saranno sicuramente degli imprevisti.

Come ci insegna la metodologia lean start-up, fare impresa è un processo di apprendimento, e si fa con l’esperienza sul campo, magari sbagliando, il più in fretta possibile.

E’ fondamentale poi evitare di costruire il proprio business su congetture ed esercizi previsionali… Le risposte vanno cercate nel cliente e sul mercato. Per avere successo, un prodotto o un servizio devo rispondere ad un bisogno, essere la soluzione di un problema!

 

 

  • Quando interviene l’incubatore in questo percorso? Quali figure professionali affianca alle startup in via di sviluppo?

 

Gli incubatori intervengono solitamente nella fase di generazione delle idee e dei team. I servizi di IUF si dividono in due macro-categorie: quelli dedicati alla valutazione del potenziale che un’idea ha di trasformarsi in business e quelli dedicati alle imprese già costituite.

I primi iniziano con lo scouting di idee innovative, quando l’idea è ancora nella sua fase embrionale, e si concludono nel migliore dei casi con la costituzione dell’impresa. I secondi invece mirano a fornire supporto logistico e consulenziale a startup e spinoff nei primi anni del ciclo di vita.

I progetti d’impresa e le startup sono affiancati da consulenti e mentor con competenze multidisciplinari e partecipano ad attività formative con docenti, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni del territorio.

Il network dell’incubatore consente inoltre di attivare scambi e contatti con un’ampia serie di attori dell’ecosistema, tra i quali investitori, aziende di medie e grandi dimensioni, programmi di accelerazione.

 

 

  • E dopo che l’azienda termina l’iter di incubazione, cosa succede? Esistono linee guida da seguire per continuare a crescere?

 

Quando le imprese terminano il percorso di incubazione, il legame con la struttura e con l’Università in generale rimane comunque forte, perché si fonda sul trasferimento tecnologico e quindi la ricerca è il fuoco che alimenta il business e la sua continua innovazione.

Anche qui non esistono ricette… Per continuare a crescere è indispensabile seguire le istanze del mercato e innovare nella direzione che richiedono i clienti.  

 

 

  • Fra le idee d’impresa con cui hai avuto a che fare in questi anni, quante sono di stampo ingegneristico? quante di stampo biomedicale? (Ebbè, quelle sono le mie origini..)  

 

L’area dell’ingegneria la fa statisticamente da padrone tra gli spin-off dell’Università di Firenze: infatti ben 25 su 45 totali provengono dall’area tecnologica (56%)! L’8% degli spin-off provengono invece dall’area biomedicale, che però nelle aree dell’Ateneo è separata da quella tecnologica.

Ovviamente, se si parla di progetti, i numeri salgono, ma le percentuali rimangono più o meno le stesse.

 

 

  • Fra le imprese di stampo biomedicale sapresti dirci, per quelle che hai potuto seguire, quante hanno avuto successo?

 

Si tratta di un settore molto complesso, dove prima di arrivare a commercializzare un prodotto o un kit servono molti anni di sperimentazione e dove la regolamentazione è particolarmente severa.

Di contro però, una volta superata la fase di decollo, si tratta quasi sempre di business con orizzonti globali.

 

Ringrazio Chiara per l’intervista e, mentre scrivo quest’articolo, penso. Penso a quanta forza di volontà e impegno e sacrifici ci vogliano. E mi chiedo cos’è che sta alla base, cosa anima il tutto. Più che qualunque altra cosa, credo, la voglia di poter dire “ce l’abbiamo fatta”, l’inseguimento e il raggiungimento di un obiettivo che ci si è posti e che magari sembrava anche irraggiungibile.

E per quanto sia un iter certamente lungo e non privo di ostacoli, fortunatamente lungo percorso, si possono incontrare persone come Chiara, che consigliano e aiutano i giovani startupper.

 

 

1 Comment
  • Veronica Chiara Zuccalà
    Posted at 23:07h, 22 Dicembre Rispondi

    Grazie per aver condiviso queste informazioni.

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