Io, ‘Soft’ Robot

Io, ‘Soft’ Robot

WWE-followers, eccoci arrivati al secondo appuntamento della “Rubrica del Cuore”. In linea con l’articolo della nostra Raffaella Cafaro (se ve lo siete perso, ecco qui il remind!!), anche noi oggi affrontiamo un concetto ispirato alla natura ed estremamente innovativo: i SOFT ROBOT e la loro applicazione in ambito cardiaco.

Ma andiamo per ordine….

Convenzionalmente, precisi sistemi robotici, costituiti da diversi elementi collegati da giunti, sono sempre stati realizzati impiegando materiali rigidi. Ovviamente la realtà in cui un sistema robotico interagisce e si integra è ben diversa.

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I sistemi naturali equiparano od addirittura superano le performance dei sistemi robotici grazie a corpi deformabili: i cefalopodi (molluschi esclusivamente marini e senza scheletro), per esempio, realizzano incredibili acrobazie di manipolazione e locomozione; e così anche i vertebrati, come gli esseri umani, raggiungono andature dinamiche immagazzinando energia elastica nelle loro ossa complianti e nei tessuti molli. 

Ispirati quindi dalla natura, gli ingegneri stanno iniziando a sviluppare questi soft robot, offrendo l’opportunità di colmare il divario esistente tra macchine e persone. In contrasto con i “classici” robot, quelli in versione “soft” hanno appunto corpi realizzati in materiali intrinsecamente molli e/o estensibili (per esempio, gomme siliconiche) in grado di deformarsi ed assorbire buona parte dell’energia derivante da una collisione. Vengono attuati attraverso un meccanismo che emula sistemi biologici, risultando in un numero relativamente elevato di gradi di libertà ed esibendo agilità, sensibilità e capacità di adattamento senza precedenti.

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Abbiamo quindi capito che questi soft robot sono altamente versatili, con potenzialità elevatissime e la loro applicazione in ambito BIO è vastissima. Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento consiglio una visitina a questo sito ed una lettura a questo articolo!

Ma i soft robot come possono tornare utili in ambito cardiaco, e specialmente in caso di insufficienza cardiaca? Un recente articolo pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine ci spiega come.

La condizione di insufficienza cardiaca (circa 41 milioni di persone affette in tutto il mondo), o scompenso cardiaco, rappresenta l’incapacità del cuore di fornire sangue in quantità adeguata rispetto all’effettiva richiesta da parte dell’organismo, o la capacità di soddisfare tale richiesta solo a fronte di pressioni ventricolari superiori alla norma.

Quando le terapie farmacologiche non sono praticabili, la soluzione è il trapianto. Purtroppo però il numero limitato di donatori porta, il più delle volte, ad impiantare un dispositivo di assistenza ventricolare (VAD) e ad utilizzarlo come:

  • “terapia ponte” – nell’attesa di ricevere un cuore da donatore, o 
  • “terapia della destinazione” – in cui il dispositivo rimarrà impiantato per il resto della vita del paziente. 

Questo impianto porta ovviamente ad una serie di svantaggi, come l’uso di farmaci anticoagulanti (superfici artificiali si trovano a diretto contatto con il sangue), ed il fatto che questi dispositivi, creando il più delle volte un flusso CONTINUO, non sincronizzano con il meccanismo fisiologico di contrazione cardiaca PULSATILE.

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Ed ecco che qui ci vengono in aiuto i soft robot. Gli autori dell’articolo, utilizzando un design ispirato alla biologia, hanno sviluppato un dispositivo con elementi contrattili ed attuatori disposti sia in maniera circonferenziale che elicoidale, mimando così l’orientazione fisiologica dei due strati cardiomuscolari esterni.

I risultati ottenuti tramite l’applicazione di soft robot (per adesso studi sia in vitro sia pre-clinici in vivo su modelli porcini) sono davvero promettenti; infatti il soft robot sviluppato:

  • si adatta alla superficie del cuore,
  • sincronizza con il meccanismo nativo,
  • ristabilisce la gittata cardiaca,
  • è realizzato con un materiale modificabile/trattabile in modo da non indurre reazione infiammatoria.

Ovviamente c’è ancora molto da fare e questo studio rappresenta solo la punta dell’iceberg di un ambito di ricerca vastissimo ed altamente sinergico, ma che sicuramente aprirà nuovi ed interessanti scenari e sono certa ci darà grandi soddisfazioni!!


Bibliografia

http://biodesign.seas.harvard.edu/soft-robotics.

Rus D, Tolley MT. Design, fabrication and control of soft robots. Nature, 521:467-475. 2015.

Roche ET, et al. Soft robotic sleeve supports heart function. Science Translational Medicine, 9(373). 2017.

 

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