WeWomEngineers incontra l’Ingegnera Carolina Miozzi

WeWomEngineers incontra l’Ingegnera Carolina Miozzi

Carolina Miozzi è un’ ingegnera biomedica di professione. Consegue la Laurea Magistrale in Ingegneria Medica nel 2017 presso l’Università  degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Prosegue il suo  percorso formativo con un Dottorato di Ricerca in Ingegneria Elettronica con  un lavoro di tesi incentrato sullo sviluppo di un sistema di comunicazione  transcutanea wireless per il controllo di protesi di mano robotica, tramite  sensori EMG impiantabili, svolto in collaborazione con l’Istituto Italiano di  Tecnologie e il Centro Protesi dell’INAIL. Le sue competenze principali includono  la progettazione, la prototipazione e il test di sistemi di antenne wireless bio integrate, epidermiche ed impiantabili, per il monitoraggio intelligente della  salute e il rilevamento dei parametri biofisici e dei bio-segnali. Durante il terzo anno di Dottorato inizia a lavorare in parallelo con una piccola azienda innovativa, spin-off dell’Università di Roma “Tor  Vergata”, per la quale lavora a tempo pieno ancora oggi. 

Di cosa si occupa attualmente?

Attualmente lavoro come ingegnere di sistema in un’azienda che offre soluzioni estremamente innovative nell’ambito dell’Internet of Things e  della Digital Health. In particolare, siamo specializzati nella progettazione di  sensori basati sulla tecnologia wireless passiva RFID (Radio-Frequency IDentification). In genere, i clienti ci cercano perché non esiste una soluzione  commerciale adatta al loro problema e quindi… glielo risolviamo noi! Al mondo  siamo in pochi specializzati in questo ambito tecnologico, per questo è facile  arrivare alla nostra realtà: l’azienda per cui lavoro e di cui sento di far parte profondamente. Lo spin-off dell’Università di  Roma “Tor Vergata” è nato nel 2013 con la visione avanguardistica che in un domani: “Tutto sarà  interconnesso per generare Valore digitale”. Oggi siamo un’azienda che si autosostiene in maniera egregia grazie ad un Team con  un’elevata competenza tecnica, pieno di determinazione, dedizione scientifica e solidità di gruppo. Adoro lavorare in una realtà piccola perché mi permette  di mettere le “mani in pasta” nei progetti, da diversi punti di vista. È così che riesco a coglierne a pieno le potenzialità e a sentirmi realmente parte dell’alto contributo tecnologico che siamo in grado di offrire ai nostri clienti.

All’interno dell’azienda mi occupo principalmente di seguire i progetti di R&D,  soprattutto in ambito biomedicale ma non solo. Generalmente svolgo il  duplice ruolo di gestione dell’intero progetto, compresa l’interfaccia diretta con  i clienti e la stesura dei documenti tecnici, e di esecuzione della parte tecnica,  altamente specializzata, volta allo sviluppo dell’intera soluzione. I nostri progetti di R&D sono spesso molto “challenging” e hanno come obiettivo la dimostrazione della fattibilità di una soluzione tecnologica, quindi lo sviluppo  del cosiddetto Proof of Concept (PoC). Il mio expertise, frutto di anni di studio  e di un Dottorato di Ricerca conseguito nello stesso ambito tecnologico, mi  permette di occuparmi sia della fase di simulazione numerica della soluzione  sia della fase di prototipazione, sperimentazione e validazione dell’intero  sistema. Spesso mi è capitato di andare oltre il PoC e seguire anche il processo  di deposizione del brevetto, nonché di industrializzazione del dispositivo da me  progettato. Non manca talvolta l’occasione di svolgere ruoli che vadano ben  oltre la mia competenza tecnica, come attività di scouting e di marketing. Questo  mi ha permesso di imparare tanto e crescere professionalmente in maniera  costante e trasversale, concedendomi peraltro non poche soddisfazioni. 

Da quali spunti è partita per arrivare all’attività di cui si occupa in questo momento?

Sicuramente il Dottorato di Ricerca è stato uno stimolo importante che mi ha  permesso di appassionarmi alla materia e che ha fatto nascere in me il desiderio di  continuare, con la medesima passione, nell’ambito della ricerca e sviluppo rivolta al mondo industriale. 

L’amore per la conoscenza e l’apprendimento mi ha sempre  accompagnata nella vita, fin dalla formazione scolastica, e le materie  scientifiche ne sono state sicuramente la colonna portante. A questo proposito  voglio raccontare un aneddoto: in prima media ero la peggiore della classe  in matematica. L’amore si è costruito con il tempo a tal punto che al liceo  svolgere gli esercizi di matematica, come di fisica e chimica, era diventato per  me addirittura un passatempo rilassante.  

Quali sono le caratteristiche e le peculiarità che un/una biomedic*dovrebbe avere oggi e per il futuro al fine di collaborare sempre più direttamente con le realtà biomedicali incluso il nostro SSN (sistema sanitario nazionale)?

Credo che per un ingegnere biomedico sia fondamentale, oggi e sempre di più  nel futuro, imparare ad avere una stretta collaborazione con medici e pazienti,  al fine di comprenderne le vere esigenze. Penso che l’innovazione in ambito  sanitario possa avvenire solo tramite una stretta collaborazione tra le diverse  discipline coinvolte. Per questo, mi sento di dire che una peculiarità del  biomedico deve essere quella di avere un pensiero multidisciplinare,  un’attitudine aperta alla collaborazione. D’altronde siamo il ponte di giunzione  tra l’ingegneria e la medicina. Credo che quello dell’ingegnere biomedico sia davvero un ruolo di grande  responsabilità nello scenario della rivoluzione (o trasformazione) digitale che  stiamo vivendo, affinché questa volga verso un reale aiuto alla salute e al  benessere degli individui.

Un brevissimo consiglio per i nostri ragazzi, anche  attraverso il titolo di un libro, una canzone, un film…

Il mio relatore e mentore della tesi di Laurea Magistrale, nonché del Dottorato  di Ricerca, mi condivise in un periodo di crisi professionale, una citazione da “La  Valle dell’Eden” di John Steinbeck, per me molto importante ed illuminante: 
“Nelle questioni umane che implicano pericoli e tatto, una conclusione soddisfacente è fortemente limitata dalla fretta. Chi va di corsa rischia di  inciampare. Chi vuole mettere correttamente in pratica qualcosa di difficile  e sottile, dovrebbe prima di tutto studiare il fine da raggiungere; appurato  che si tratta di un obiettivo auspicabile, dovrà poi dimenticarlo e  concentrarsi esclusivamente sui mezzi. Seguendo questo metodo non si è  indotti in errore dall’ansia, dalla fretta o dal panico. Ma questo lo imparano in pochi” 

Una pillola tecnica per chi apprende della sua professione per la prima volta da questa intervista

Un progetto di ricerca e sviluppo di un dispositivo innovativo si declina sempre  in almeno due macro-fasi: una fase di simulazione numerica 3D con il  calcolatore, che dovrebbe emulare il sistema reale ed ottimizzarne le  prestazioni nello scenario di interesse, e una fase di test e verifica di tale  sistema in condizioni reali.  Tra il mondo delle simulazioni e la realtà c’é spesso un bel divario, in termini di prestazioni di un certo sistema. Ma ricordatevi che è il modello simulato che deve inseguire la realtà, non il viceversa, per questo si parla di “validazione” del  modello simulato. La realtà non è mai sbagliata.

 

Un ringraziamento a Carolina Miozzi https://www.linkedin.com/in/carolina-miozzi-a8b691140/ per il suo splendido percorso condiviso e per voi che ci seguite, scriveteci alla info@wewomengineers.com e pubblicheremo la vostra storia!

TEAM WWE

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